Quello che sto per descrivere è sì un cane nello standard di razza ma è anche il Bloodhound che vorrei sempre avere e, come allevatore, produrre; quello che, se io fossi giudice, farei vincere nelle esposizioni; il mio Bloodhound ideale.

Il terrificante ululare raccontato da Conan Doyle nel suo "Baskerville Hound" era quello di un BloodHound e non di un mastino come nella pessima traduzione del titolo "Il Mastino di Baskerville".
Il Bloodhound è e deve essere un cane buono, docile con le persone, con i bambini, con il padrone e con gli estranei. Non è un cane da guardia né da difesa. Guai al padrone che lo vuole far diventare aggressivo; scelga un'altra razza. Anche se può pesare fino a sessanta chili deve al massimo segnalare la presenza di persone non conosciute con il suo inconfondibile latrato.

Il Bloodhound è il più grosso dei segugi, è stato descritto come un cane dietro un naso, massiccio ma resistente alle lunghe piste che dovrebbe seguire per rintracciare l'essere umano o la selvaggina che deve ritrovare grazie all'olfatto.

Ben provvisto di pieghe sulla testa e nel corpo. Queste rughe raccontano dei suoi incontri con cervi e cinghiali; lo proteggevano, a volte gli salvavano la vita; colpi altrimenti mortali scivolavano, si impigliavano, laceravano ma non affondavano grazie alla sovrabbondanza di pelle. Una tale quantità di pelle non può però essere pregiudizievole per la salute del cane: non può impedirgli i movimenti nè la vista, anche se il Bloodhound vede più con il naso che con gli occhi. In questo caso saremmo di fronte a un cane ipertipico e l'ipertipicità è un difetto.

Alcuni allevatori stanno però selezionando cani ipotipici: più piccoli, con meno pieghe, meno maestosi insomma meno Bloodhound e più vicini agli altri segugi. Sono, questi, cani più comodi, più agili quindi più adatti alla caccia sui terreni del nostro paese ma sono cani che non appartengono a questo allevamento.

I Bloodhound hanno bisogno di moto. Se vivete in un appartamento non pensate di cavarvela con la passeggiatina serale.

I Bloodhound sono costruiti fisicamente e mentalmente per seguire una pista. Le lunghe orecchie raccolgono gli odori che provengono dal terreno, il naso, come un aspirapolvere, raccoglie setaccia e sceglie. E' entusiasmante vederli al lavoro. Sono utilizzati in Inghilterra e in alcuni Stati del nord America per rintracciare persone scomparse. Piste vecchie anche di settimane e lunghe decine di chilometri. La pista per loro è più importante del richiamo del padrone. Se lo lasciate libero dal guinzaglio e il cane sente qualcosa di interessante, armatevi di pazienza e auguratevi buona fortuna; non vi resta che aspettarlo o buttare qualche ora del vostro tempo nella ricerca.

Il Bloodhound sbava. Se ha caldo, se ha fame, se ha sete, se gli va. Sbava e lancia con precisione assoluta il grumo della sua bava nell'occhio dell'ospite.Rimedi? Pochi. Ha qualche efficacia una pezzetta imbevuta nel limone con cui gli potreste umettare le labbra. Ve la sentite? Io c'ho rinunciato.

Il Bloodhound fa delle feste imbarazzanti. Anche se siete usciti da un minuto e tornate indietro perchè avete scordato le chiavi della macchina. Le sue feste devastanti durano però dai tre ai sei minuti, dipende dalla sua voglia di giocare. Scaduto il tempo diventate un estraneo. Non vi guarda né vi sta a sentire fino alla vostra prossima uscita.

Il Bloodhound ha un odore particolare. Forte. Insopportabile se il cane è bagnato.

Il cucciolo del Bloodhound si fa i denti su quello che vi sta più a cuore. Il trumeau del nonno? Andato. Il letto con le zampe di leone che vi ha comprato la zia Cesira? Senza più zampe.La sedia a dondolo di papà? Distrutta. Il divano buono? Sbrindellato. Quello cattivo? Pure. Consolatevi, dopo l'anno d'età, smette.

Volete ancora un Bloodhound? Se la risposta è sì, avete superato le sei prove propedeutiche all'acquisto del cane più sraordinario, più simpatico, più ruffiano, più ironico, e, secondo me, più bello che esista. Non potrei vivere senza. Se sono di cattivo umore e guardo Peppe o Brad o uno dei cuccioli, mi passa. Senza quell'odore avvertirei una mancanza, senza quelle feste mi sentirei meno apprezzato, Senza quelle attese sarei diventato un uomo meno riflessivo. Trentacinque anni della mia vita con i Bloodhound vorranno pure dire qualcosa, o no?

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Le mie avventure con i bloodhound


Doppia identità

Posseggo almeno un Bloodhound dal 1969, vivevo in appartamento e portavo il mio Bloodhound a correre nel parco. Pigro,io, lo lasciavo libero per non correre con lui. Il cane si chiamava Quentin: era il più brutto Bloodhound comprato in Inghilterra nella storia della cinofilia internazionale. Il parco era Villa Borghese, a Roma. Quentin era un orologio; dopo un' ora e venti tornava da chissaddove, rimontavamo in macchina e il giorno successivo la stessa storia, per tutti gli anni della mia università.

Un giorno Quentin mi scappò, eravamo in un altra zona di Roma, gli corsi apresso e riuscii a recuperarlo dopo una corsa nel traffico grazie anche all'aiuto di un signore che continuava a chiamarlo Nando.Una, due, tre volte poi fui costretto a chiedergli perchè insistesse a chiamarlo Nando. Mi rispose che quello era Nando e mi fece notare quante feste Quentin gli facesse.

Era vero. Quentin era Quentin ma era anche Nando, per un'ora e venti al giorno, quasi tutti i giorni. E lui, il signore, lo sapeva bene; era il cuoco dell'Hotel Flora di via Veneto, dove Quentin-Nando si presentava puntuale, a mezzogiorno, entrando dall'ingresso delle cucine per mangiare quello che gli veniva preparato quasi tutti i giorni dallo staff delle cucine che di Quentin -Nando conosceva tutti i gusti.

Ecco perchè Quentin non dimagriva mai.

Cane crumiro

Un poliziotto mi fermò. Al guinzaglio avevo Arcibaldo. Mi chiese informazioni sul cane perchè il gruppo cinofilo della polizia a Nettuno, voleva provare qualcuno di questi cani da integrare con i pastori tedeschi. Mi detti da fare e trovai un cucciolone che fu arruolato.

Telefonai per qualche settimana, per qualche mese e i progressi del Bloodhound poliziotto sembravano incoraggianti. Poi il silenzio.

Circa un anno dopo mi telefonò il poliziotto chiedendomi di aiutarlo a sistemare il cane presso qualche famiglia. Gli chiesi perchè e mi fu risposto, non so ancora quanto ironicamente, che il Bloodhound non rispettava l'orario sindacale.

Non tornava finché non trovava; il tempo suo era a disposizione della pista e non delle esigenze di orario di rancio di ritirata di adunata, di servizio, di motivi personali o di carriera del poliziotto.

E poi sbavava le divise.

Claretta ovvero Dresda della Gioa di Vivere.

Grazie a Paride Bonavolta per avermela regalata. E' stato l'ultimo Bloodhound a vivere con me in un appartamento e il primo a farmi compagnia dove abito adesso con la mia famiglia e i miei cani con tanta terra a disposizione. E' stata la prima a regalarmi una cucciolata. Dodici, tutti vivi tirati su in un appartamento.

La gestazione della cagna varia da 59 a 63 giorni. Il cinquantanovesimo avevo deciso che non sarebbe stato ancora tempo e mi ero addormentato con la porta della stanza da letto chiusa.

Avevo, ho e avrò il sonno pesante, tanto da non sentire il fracasso che Claretta fece quella notte fino a riuscire a aprire la porta.

Mi svegliai perché qualcuno mi tirava forte. Era Claretta che mi trascinò nella sua stanza e solo quando mi considerò pronto, cominciò a partorire. Il parto durò tutta la notte e gran parte del giorno successivo. Lei cominciò a allattare e io, sfinito mi addormentai.

Mi risvegliai con qualcosa di caldo addosso e vidi Claretta che mi portò sul letto un altro cucciolo, il secondo dopo quello che frignava già sul mio cuscino e infine un terzo.

Dodici erano troppi per lei. Così tre ne dovetti allattare io. Poi facemmo un po' i turni e li svezzammo tutti e dodici.

Claretta vinse il Campionato europeo a Verona e fu la protagonista canina di Orazio, la prima sit-com italiana.

Adesso dorme sotto una grandissima mimosa.

Paolo Pietrangeli

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